Tra i giochi tradizionali
degni d’attenzione un posto d’onore lo meritano senz’altro gli
Scacchi. Strettamente collegati alle diverse discipline scolastiche
si sono facilmente inseriti, in tandem con la Dama, nell’iter
formativo quali “sport a scuola”, offrendo a molti studenti
occasioni di crescita umana e civile e di uso intelligente del tempo
libero. È pressoché riconosciuto che chi pratica queste
discipline acquisisce, in generale, maggiore capacità di
concentrazione e potenzia senza sforzo le caratteristiche elaborative
del cervello con notevoli effetti benefici anche in altri campi, come
l’organizzazione del proprio lavoro o l’apprendimento delle
materie scolastiche.
In un mondo sempre più
globalizzato e tecnologico ma diviso dalla prospettiva dello scontro
di civiltà, la natura trascendente del gioco degli scacchi
mette insieme Oriente ed Occidente. Protagonista di una lunga
staffetta tra popoli, l’origine del gioco è tuttora oggetto
di studi e di controversie. Molti storici concordano che fosse
conosciuto in India nel VI secolo d.C., sotto il nome di Chaturanga
(quattro parti di un tutto): la scacchiera era già 8x8 ma si
giocava in quattro, talvolta con i dadi, e non tutti i pezzi
muovevano come oggi. Successivamente il gioco passò in Persia
assumendo il nome di Chatrang, Gli Arabi lo appresero dai
Persiani nel periodo della loro espansione e lo chiamarono Shatranj
(dal persiano Shah, gioco dei “Re”). Con le invasioni
moresche dell’Europa insulare e della Penisola Iberica, gli scacchi
approdarono in Occidente tra il IX e il X secolo, diffondendosi
intorno al Mille in tutta l’Europa, dapprima nelle corti, poi con
la nascita dei primi giocatori professionisti. I religiosi furono
grandi propagatori del gioco, nonostante tra il XII e il XV secolo
alcuni concili cercarono di ostacolarne la diffusione. Il gioco
attraverserà così tutta l’Età Moderna sino a
giungere al primo torneo internazionale, organizzato da Howard
Staunton a Londra nel 1851, e vinto dal tedesco Adolf Anderssen. Di
lì a poco verrà organizzato il primo campionato del
mondo, vinto nel 1886 da Wilhelm Steinitz: è l’inizio degli
scacchi moderni.
Gli scacchi si giocano su
una tavola quadrata, detta scacchiera, divisa in 64 case organizzate
in 8 righe, dette traverse, ed 8 colonne. Ciascun giocatore dispone
di un insieme di 16 pezzi, composto da (in ordine teorico di
importanza crescente): i Pedoni (8), i Cavalli (2), gli Alfieri (2),
le Torri (2), la Donna (1), il Re (1). Ogni pezzo si muove secondo
precise modalità. Nessun pezzo può occupare una casa in
cui è presente un altro dello stesso schieramento, è
invece permesso catturare qualsiasi pezzo avversario, ad esclusione
del re, occupandone la casa. Scopo degli scacchi è dare
“scacco matto”, manovra che consiste nell’intrappolamento del
re avversario: non essendo consentita la cattura del proprio re,
quando lo stesso è minacciato (ovvero è “sotto
scacco”) deve essere effettuata una mossa che pari la minaccia,
ossia impedisca all’avversario di catturarlo alla mossa successiva;
se il giocatore non può sottrarre il re dall’attacco si
tratta di scacco matto e la partita termina con la vittoria
dell’avversario.
Gli scacchi possiedono,
oltre al naturale aspetto di competizione intellettuale, una precisa
connotazione simbolica, frequentemente usata come metafora della
vicenda umana. Il gioco è impregnato di simboli e metafore che
da sempre hanno ispirato artisti, pittori e letterati. La celebre
partita del cavaliere Block contro la Morte, descritta magistralmente
dal regista svedese Ingmar Bergman ne Il Settimo Sigillo, ha
un esito immodificabile ma ciò che conta non è
l’impossibile vittoria finale bensì il gioco in sé,
poiché finché la partita procede il cavaliere è
vivo. Per Bergman, il succo della dignità umana non sta
nell’aspettare passivamente che gli eventi accadano ma
nell’opporvisi fermamente, sia pure in una lotta impari. In ambito
politico, la Rivoluzione Russa ed il conseguente interessamento del
Regime Bolscevico fecero la fortuna degli scacchi tra la prima e la
seconda guerra mondiale. La Guerra Fredda consolidò questa
fortuna: l’intero mondo divenne una scacchiera su cui le due
superpotenze giocavano le loro mosse.
Diversamente dalla
politica, nel mondo scolastico giochi come la dama o gli scacchi
permettono agli studenti di sperimentare nuove strategie di
apprendimento, gettando le basi di quelle che saranno le strutture
del pensiero logico-deduttivo. La damiera/scacchiera costituisce un
eccellente campo per far affrontare ai ragazzi attività di
risoluzione di problemi e di costruzione di piani d’azione,
tradizionali temi di interesse della scienza cognitiva, oltreché
potenziale strumento per il recupero di soggetti con difficoltà
di apprendimento. L’acquisizione delle rispettive tecniche di gioco
concorre infatti alla formazione globale dell’individuo, stimolando
la logica, l’immaginazione, la memorizzazione, l’attenzione e il
pensiero analitico, nonché la creatività e la
consapevolezza del giusto rapporto causa-effetto.
In una società
sempre più proiettata verso l’uso delle nuove tecnologie
diventa indispensabile la presenza di quei giochi tradizionali che
“servono” per crescere, la cui promozione nelle scuole assume una
doppia valenza: didattico-educativa e ludico-sportiva, proponendosi
come rinnovato centro d’interesse per i più giovani.
- da AetnaNet del 2 Aprile 2012
- da Sotto Le 2 Torri - Il Foglio di Bologna n° 30 - Marzo 2012 - Pagine 28-29
- da Sotto Le 2 Torri - Il Foglio di Bologna n° 30 - Marzo 2012 - Pagine 28-29
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