È possibile praticare uno sport, pur rimanendo comodamente seduti? La
risposta è sì! Ciò che occorre è un mazzo di carte e imparare a giocare a
Bridge. Parlare di un gioco di carte come di uno sport potrebbe di
primo acchito sembrare un’esagerazione, ma così non è per il bridge che,
insieme ad altre discipline, ha vista riconosciuta da parte del
Comitato Olimpico ed altri organi internazionali la definizione di sport
ed è stato inserito nei “World Mind Sports Games”, le Olimpiadi degli
Sport della Mente.
In Italia, al pari della dama e degli scacchi, il bridge è una
disciplina sportiva associata al CONI ed ha da tempo sottoscritto col
Ministero della Pubblica Istruzione un protocollo d’intesa che
ufficializza la promozione del progetto “Bridge a Scuola”, consentendone
l’attività scolastica a partire già dalla scuola primaria, attraverso
la pratica del Minibridge.
Gioco di coppia per antonomasia, il bridge non è un semplice gioco di
carte (come dire che il calcio, il basket o il tennis sono giochi con la
palla) ma è un gioco “con le carte” che sviluppa valori come la
socializzazione, l’aggregazione, l’amicizia, la solidarietà, la
collaborazione e capacità di analisi e di sintesi, di deduzione logica e
razionalità, abilità e competenze indispensabili per migliorare le
capacità di pensiero e le life skills.
Il gioco del bridge vanta radici antichissime. Del suo progenitore
diretto, il “Whist”, si hanno tracce in Inghilterra sin dal XVI secolo,
dov’era praticato tra il popolo. Il gioco cominciò ad appassionare anche
l’aristocrazia ed ebbe un costante, progressivo sviluppo, tanto da
esser codificato in regole precise nel 1742 da sir Edmond Hoyle, che
ebbe il merito d’inquadrare un buon gioco di carte concependolo come
veicolo sociale con profondi significati morali, ragione nella quale
risiede ancora oggi il principale successo del bridge. Nel 1873 nasce il
“Whistbridge”, praticato, come il bridge moderno, da quattro giocatori
in due coppie contrapposte. Contemporaneamente si diffonde in Medio
Oriente il “Birich”, un analogo gioco di origini russe. Da qui la
disputa, ancora oggi irrisolta, sull’esatta etimologia del termine
“bridge”: per alcuni deriverebbe dall’instaurarsi di un “ponte”
comunicativo tra la coppia di compagni, per altri semplicemente dal
termine birich.
Il gioco viene gradualmente modificato negli anni successivi,
diffondendosi largamente in Francia e negli Stati Uniti, sino a quando
nel 1925, l’americano Harold Stirling Vanderbilt non lo codifica nel
moderno “Contract Bridge”, le cui regole sono tuttora in vigore. Di lì a
poco verrà fondata nel 1932 a Scheweningen (Olanda) l’International
Bridge League, col compito di organizzare il primo Campionato Mondiale a
squadre.
Il bridge è anzitutto un gioco di prese che vede contrapposte due
coppie, dette “linee”. Si gioca con un mazzo di 52 carte, di tipo
francese, esclusi i jolly. Il mazzo è composto da quattro semi (Picche,
Cuori, Quadri, Fiori) di 13 carte ciascuno. Il valore è decrescente,
dall’Asso al 2. Il mazziere, a rotazione, distribuisce tutte le 52
carte, in senso orario, così che al termine ogni giocatore avrà una
“mano” di 13 carte. La presa è costituita dalle quattro carte giocate a
turno dai giocatori ed è vinta da chi ha giocato la carta più alta.
Ciascun giocatore ha l’obbligo di rispondere nel colore giocato dal
primo di mano, se non possiede alcuna carta in quel colore, potrà
giocare una carta di un altro colore, effettuando uno “scarto”. Il gioco
si articola su due distinte fasi, la “licitazione” (o dichiarazione) e
il “gioco della carta”. Scopo del gioco determinare, attraverso la
licitazione, il numero di prese (contratto) che si intendono realizzare
in seguito ed ogni dichiarazione dovrà superare la precedente o per
rango o per numero di prese. Durante la dichiarazione la coppia può
scegliere un colore dominante (la briscola o atout), e decidere
di giocare un contratto ad atout o a senza atout. Il dialogo avrà
termine quando su una licita di un giocatore gli altri tre passeranno,
non effettuando alcuna licita ulteriore. La dichiarazione finale
costituirà il contratto che dovrà essere mantenuto dalla coppia nella
successiva fase di gioco della carta.
È evidente come il gioco del bridge unisca valenze proprie sia dello
sport sia dell’attività intellettiva: per apprenderlo non occorre
studio, ma comprensione. Il bridge è una disciplina per tutte le età,
affascinante, logica e appassionante, adatta sia ai giovani sia a chi è
avanti con gli anni. Tutte le componenti del gioco, sia teoriche che
pratiche, hanno una naturale matrice logica, matematica e statistica.
Ciò obbliga il giocatore alla concentrazione e al ragionamento,
impegnandolo ad affrontare situazioni di problem solving
pressoché costanti; il bridge è un ottimo strumento per allenare la
memoria e l’intelligenza, proponendo nello spazio di una smazzata una
serie di condizioni la cui risoluzione necessita dell’utilizzo della
memoria a breve e a lungo termine e dell’intelligenza fluida e
cristallizzata. L’attenzione e l’interesse sono continuamente stimolati
per via della diversa configurazione delle carte, che cambia dopo pochi
minuti, modificando così il tipo di impegno richiesto.
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